Chi ben comincia, rubrica settimanale del giovedì

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masterbook
view post Posted on 2/10/2014, 15:27     +1   -1




2s0e62a



ideata da Alessia del blog Il Profumo dei libri.


Questa rubrica consiste nel presentare l'incipit di un romanzo contenuto nella nostra libreria. L'incipit è un pezzo di qualche riga preso dalle prime pagine del romanzo scelto.

Regole della rubrica:

1. Prendete un libro a caso dalla propria libreria.
2. Copiate le prime righe del libro.
3. Includete anche il titolo e l'autore del libro per poterlo individuare facilmente.

Chiunque può commentare il mio incipit proposto o può proporne uno proprio.


Oggi ho scelto di postarvi l'incipit del romanzo:

Ti aspettavo di J. Lynn

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Nella vita avevo due grandi paure. La prima era quella di svegliarmi in piena notte e trovarmi faccia a faccia con un fantasma: improbabile, ma pur sempre un pensiero terrificante. La seconda era quella di entrare in ritardo in un’aula affollata.
Odiavo essere in ritardo.
Odiavo che la gente si voltasse a guardarmi. Il che era inevitabile se arrivavi un minuto dopo l’inizio della lezione.
Per questo motivo, nel fine settimana, con Google Maps avevo calcolato al millimetro la distanza tra il mio appartamento di University Heights e il parcheggio riservato agli studenti. E domenica avevo fatto avanti e indietro in macchina due volte per accertarmi che Google non si sbagliasse.
Un chilometro e novecento metri, per la precisione.
Cinque minuti in tutto.
Ero persino uscita di casa con un quarto d’ora di anticipo, in modo da arrivare dieci minuti prima dell’inizio della lezione, che cominciava alle nove e dieci.
Quel che non avevo calcolato era il chilometro e mezzo di coda allo stop: d’altronde, un vero semaforo nel centro storico di una cittadina antica sarebbe stato chiedere troppo; inoltre non avevo previsto che in tutto il campus non sarebbe rimasto un solo posto libero. Avevo dovuto parcheggiare alla stazione ferroviaria là vicino, perdendo anche tempo prezioso a cercare le monetine per il parchimetro.
Se proprio vuoi trasferirti all’altro capo del Paese, almeno prendi una stanza in dormitorio. Ce li hanno lì, i dormitori, vero? La voce di mia madre riecheggiava tra i miei pensieri quando mi fermai davanti all’edificio di Scienze intitolato a Robert Byrd, col fiato mozzo per aver percorso a passo spedito una salita troppo ripida.
Ovviamente non ero voluta andare in dormitorio perché sapevo che prima o poi i miei genitori si sarebbero presentati all’improvviso e avrebbero iniziato a giudicare e commentare, e mai e poi mai avrei permesso che un’innocente compagna di stanza assistesse a una scena del genere.
Così avevo dato fondo ai miei sudati risparmi per affittare un trilocale vicino al campus.
Mr e Mrs Morgansten ci erano rimasti molto male.
E questo mi aveva dato grande soddisfazione.
Mi stavo però già pentendo di quella piccola ribellione, perché, mentre transitavo
dall’afa di quella mattina di fine agosto all’aria condizionata dell’edificio, erano già le nove e
undici; e, come se non bastasse, l’aula di astronomia era al primo piano. Ma, soprattutto, perché
diamine mi ero iscritta al corso di astronomia?



Ecco il mio incipit di oggi, cosa ne pensate?


Baci
Erica

Edited by masterbook - 9/10/2014, 19:16
 
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masterbook
view post Posted on 9/10/2014, 18:26     +1   -1




2s0e62a



ideata da Alessia del blog Il Profumo dei libri.


Questa rubrica consiste nel presentare l'incipit di un romanzo contenuto nella nostra libreria. L'incipit è un pezzo di qualche riga preso dalle prime pagine del romanzo scelto.

Regole della rubrica:

1. Prendete un libro a caso dalla propria libreria.
2. Copiate le prime righe del libro.
3. Includete anche il titolo e l'autore del libro per poterlo individuare facilmente.

Chiunque può commentare il mio incipit proposto o può proporne uno proprio.


Oggi ho scelto di postarvi l'incipit del romanzo:

Dark passion di Kresley Cole

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Prologo
Inverno 1827
La Foresta dei tre ponti
Vuole marchiare la mia carne… La luna piena colpiva duramente
con la sua luce un tappeto di neve e alberi spogli, facendo risplendere nitidamente come un faro il vestito verde di Mariah e favorendo la bestia che la stava inseguendo. Marchiarmi con i suoi denti, pensò come impazzita mentre superava con un balzo un ruscelletto ghiacciato. Quando il ruggito convulso della bestia echeggiò nella foresta, lei inciampò sull'argine. Arrampicandosi
freneticamente, continuò la sua fuga verso casa. Rami di betulla le ghermivano i capelli e le graffiavano il viso intorpidito dal freddo. Mentre si divincolava ricominciò a nevicare,cosa che le confuse la vista. Nel buio un altro ululato zittì le creature della notte; il suono dei respiri irregolari di lei divenne assordante. Bowen, l'uomo che aveva amato da quand'era ragazza, l'aveva avvisata della luna piena:
«Cambierò, Mariah. Non posso controllarlo. E tu sei ancora vulnerabile ai danni fisici…»
Lei aveva insistito per incontrarlo quella notte, perché si era resa conto di come fosse critico quel momento per lui; e perché era ansiosa di esaudire i suoi desideri più volte respinti. Ma poi, al momento, le era mancato il coraggio. Aveva guardato con sospetto il volto del suo innamorato, e al suo posto la luna aveva rivelato un mostro. La bestia si era resa conto che lei era inorridita. I suoi occhi, accesi di un blu ghiaccio, erano stati pieni di una smania animalesca fin quando non si erano ridotti a due fessure che esprimevano comprensione.
«Corri… Mariah» aveva gracchiato con uno stridore inconsueto. «Raggiungi il… castello. Rinchiuditi al sicuro… da me.»
Mariah riusciva a sentirlo precipitarsi dietro di lei, sempre più
vicino, ma era quasi arrivata. Raggiungendo il limite della foresta, vide la sua casa nella pianura innevata sotto di sé: un castello che torreggiava in mezzo alla confluenza dei tre principali fiumi del loro regno. Vicinissimo. Mariah corse verso il familiare sentiero tortuoso che l'avrebbe condotta in basso. Non appena vi arrivò, un movimento le esplose davanti agli occhi. Di colpo l'aria pullulò di corvi, che si levarono tutt'intorno a lei, con le ali che le colpivano il viso. Scacciandoli alla cieca,
Mariah inciampò e perse l'equilibrio sul sentiero ghiacciato e cosparso di radici. Senza peso… cadeva… rovinando lungo il bordo del burrone. L'impatto le fece mancare il respiro e oscurare la vista. Mentre continuava a cadere…
Quando atterrò, fu con un debole rumore rivoltante mentre qualcosa
di duro la colpiva con forza allo stomaco. Un dolore inimmaginabile l'attraversò con impeto. Senza capire, Mariah guardò a bocca aperta l'acuminato troncone che sporgeva dal suo corpo. No… no… non può essere. Mentre il dolore si attenuava in un glaciale senso di oppressione dentro di lei, Mariah afferrò debolmente i resti di una betulla tagliata con l'ascia da uno dei boscaioli del suo regno. A ogni respiro, il sangue le sgorgava dalla bocca, gocciolandole dal viso nella neve, delicatamente come lacrime. Mariah sarebbe morta all'ombra della sua stessa casa proiettata dalla luna. Inebetita, fissò il cielo, ascoltando la bestia che si precipitava verso di lei in maniera oltremodo veloce, come se fiutasse il sangue. Prima che riuscisse a raggiungerla, lei si rese conto di non essere più sola. Subito dopo aver avvistato altri corvi girare sopra la sua testa, sentì
labbra ghiacciate incontrare le sue. Vuoto e caos si diffusero in lei come una malattia. Mentre si contorceva inutilmente, una voce nella sua testa parlò a nome di quella notte, una sera d'inverno che avrebbe lasciato il segno.
«Muori» bisbigliò la voce contro la bocca insanguinata di Mariah.
Istantaneamente, lei percepì l'immobilità del proprio cuore. I suoi polmoni cessarono di lavorare e la maschera di dolore sul suo volto si affievolì. La presenza scomparve, rimpiazzata da un'altra. L'ultima cosa che Mariah vide fu la bestia, che sofferente ululava alla luna, graffiandosi il petto per il dolore selvaggio.



Ecco il mio incipit di oggi, cosa ne pensate? Ho scritto molto, lo so ma credo valga la pena di leggerlo tutto.


Baci
Erica

Edited by masterbook - 16/10/2014, 12:53
 
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masterbook
view post Posted on 16/10/2014, 12:13     +1   -1




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ideata da Alessia del blog Il Profumo dei libri.


Questa rubrica consiste nel presentare l'incipit di un romanzo contenuto nella nostra libreria. L'incipit è un pezzo di qualche riga preso dalle prime pagine del romanzo scelto.

Regole della rubrica:

1. Prendete un libro a caso dalla propria libreria.
2. Copiate le prime righe del libro.
3. Includete anche il titolo e l'autore del libro per poterlo individuare facilmente.

Chiunque può commentare il mio incipit proposto o può proporne uno proprio.


Oggi ho scelto di postarvi l'incipit del romanzo:

Fahrenheit 451 di Ray Bradbury

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Era una gioia appiccare il fuoco.
Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incediarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia. Col suo elmetto simbolicamente numero 451 sulla stolida testa, con gli occhi tutta una fiamma arancione al pensiero di quanto sarebbe accaduto la prossima volta, l'uomo premette il bottone dell'accensione, e la casa sussultò in una fiammata divorante che prese ad arroventare il cielo vespertino, poi a ingiallirlo e infine ad annerirlo. Egli camminava dentro una folata di lucciole. Voleva sopratutto, come nell'antico scherzo, spingere un'altea su un bastone dentro la fornace, mentre i libri, sbatacchiando le ali di piccione, morivano sulla veranda e nel giardinetto della casa, salivano in vortici sfavillanti e svolazzavano via portati da un vento fatto nero dall'incendio.
Montag ebbe il sorriso crudele di tutti gli uomini bruciacchiati e respinti dalla fiamma.
Sapeva che quando fosse ritornato alla sede degli incendiari avrebbe potuto ammiccare a se stesso, specie di giullare nero, sporco di carbon fossile, davanti allo specchio. Poi, all'atto di coricarsi, si serebbe sentito quel sorriso, una sorta di smorfia, ancora artigliato nei muscoli facciali, al buio. Non scompariva mai, quel sogghigno, non se n'era andato mai nemmeno una volta per quanto riandasse con la memoria al passato.



Ecco il mio incipit di oggi, cosa ne pensate?


Baci
Erica

Edited by masterbook - 23/10/2014, 16:17
 
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masterbook
view post Posted on 23/10/2014, 15:30     +1   -1




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ideata da Alessia del blog Il Profumo dei libri.


Questa rubrica consiste nel presentare l'incipit di un romanzo contenuto nella nostra libreria. L'incipit è un pezzo di qualche riga preso dalle prime pagine del romanzo scelto.

Regole della rubrica:

1. Prendete un libro a caso dalla propria libreria.
2. Copiate le prime righe del libro.
3. Includete anche il titolo e l'autore del libro per poterlo individuare facilmente.

Chiunque può commentare il mio incipit proposto o può proporne uno proprio.


Oggi ho scelto di postarvi l'incipit del romanzo:

Un amore per sempre di Nora Roberts


Il dolore giungeva a ondate che si frangevano violente, che flagellavano e laceravano il cuore. In altri giorni le onde erano lente e travolgenti, e minacciavano di sommergere l'anima.
Alcune persone - persone buone, premurose - dicevano che il tempo avrebbe guarito ogni ferita. Parker sperava che avessero ragione, ma mentre se ne stava sulla terrazza della sua camera da letto sotto il sole di fine estate, mesi dopo l'improvvisa e orribile
morte dei suoi genitori, quelle ondate capricciose continuavano a investirla.
Aveva così tanto, cercò di ricordare a sé stessa. Suo fratello - e non sapeva se sarebbe sopravvissuta a questo tragico momento senza Del - era stato una roccia cui aggrapparsi in quel vasto, vastissimo oceano di shock e disperazione. Le sue amiche - Mac, Emma, Laurel - una parte della sua vita, una parte di lei, fin dall'infanzia. Erano state il collante che aveva tenuto insieme il suo mondo ormai in frantumi. Aveva il costante, incrollabile sostegno della loro fedele governante, la signora Grady, l'isola in cui trovava sempre conforto.
Aveva la sua casa. La bellezza e l'eleganza di Villa Brown sembravano più cupe, in un certo senso più severe ai suoi occhi, sapendo che non avrebbe più rivisto i suoi genitori passeggiare per i giardini. Scendendo di corsa al piano di sotto, non avrebbe più trovato sua madre che rideva in cucina con la signora G, o sentito suo padre che concludeva un affare nell'ufficio di casa.
Invece di imparare a cavalcare quelle onde, Parker aveva l'impressione di essere risucchiata giù, sempre più giù, in un abisso.
Il tempo, aveva deciso, doveva essere impiegato, sfruttato e accelerato.
Pensava - sperava - di aver trovato un modo, non solo per usare quel tempo, ma per onorare ciò che le avevano dato i suoi genitori, per condividere quei doni con la famiglia e le amicizie.
Per dare il suo contributo, rifletté mentre i primi profumi vivaci dell'autunno ormai imminente aleggiavano nell'aria. I Brown lavoravano. Creavano, producevano, non dormivano mai sugli allori, mai. I suoi genitori non si sarebbero aspettati da lei nulla di meno di ciò che avevano realizzato coloro che l'avevano preceduta.



Ecco il mio incipit di oggi, cosa ne pensate?


Baci
Erica

Edited by masterbook - 30/10/2014, 15:26
 
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view post Posted on 30/10/2014, 15:40     +1   -1




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ideata da Alessia del blog Il Profumo dei libri.


Questa rubrica consiste nel presentare l'incipit di un romanzo contenuto nella nostra libreria. L'incipit è un pezzo di qualche riga preso dalle prime pagine del romanzo scelto.

Regole della rubrica:

1. Prendete un libro a caso dalla propria libreria.
2. Copiate le prime righe del libro.
3. Includete anche il titolo e l'autore del libro per poterlo individuare facilmente.

Chiunque può commentare il mio incipit proposto o può proporne uno proprio.


Oggi ho scelto di postarvi l'incipit del romanzo:

L'amuleto d'ambra di Diana Gabaldon

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«Prologo
Mi risvegliai per tre volte nell’oscurità che precede l’alba. La prima volta in preda al dolore, la seconda alla gioia, e l’ultima alla solitudine. Le lacrime di una profondissima perdita mi risvegliarono lentamente, bagnandomi il viso come il lieve tocco di un panno umido tra mani consolatrici. Mi voltai contro il cuscino bagnato e solcai le acque di un fiume salmastro fino alle caverne dei ricordi dolorosi, fino alle profondità sotterranee del sonno.
Poi fu una gioia intensa a svegliarmi, il corpo inarcato dagli spasmi dell’unione fisica, il tocco di lui nuovo sulla mia pelle, a estinguersi lentamente lungo i miei nervi mentre ondate di appagamento si riverberavano dal centro di me stessa. Ricacciai indietro la coscienza, voltandomi di nuovo in cerca dell’odore aspro e caldo del desiderio soddisfatto di un uomo, tra le braccia rassicuranti del mio amante, il sonno.
La terza volta mi risvegliai da sola, oltre la portata dell’amore o dell’angoscia. La vista delle pietre era vivida nella mia mente. Un piccolo cerchio di pietre giganti in cima a una ripida collinetta verdeggiante. Il nome della collina è Craigh na Dun: la collina delle fate. C’è chi dice che sia incantata, e chi dice che sia maledetta. Hanno ragione entrambi. Ma nessuno conosce la funzione o lo scopo di quelle pietre.
Nessuno, tranne me.
»


Ecco il mio incipit di oggi, cosa ne pensate?


Baci
Erica
 
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19 replies since 23/1/2014, 13:09   284 views
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